post-transition drawings
Disegnare è un atto di fiducia.
Di Sara Spizzichino Marzo 2020 L'indagine per comprendere la realtà si è da sempre servita del disegno come strumento privilegiato, perché basato sull'osservazione attenta delle cose e perché, al pari del leggere e scrivere, incrementa il pensiero. Ma come agisce il disegno sulla nostra capacità di elaborare i pensieri? Per capire la realtà, bisogna stabilire una differenza tra vedere e credere. Mentre si disegna, infatti, si affrontano fasi molto diverse in relazione a quanto osservo: "Sono davvero certa di questa inclinazione? Sono davvero sicura che la realtà si manifesti in modo tanto incredibile?". Questo può portarci a disegnare ciò che conosciamo delle cose senza che questo abbia un riscontro reale: in sostanza, mi fido di più di ciò che so che di quello che vedo, correndo il rischio di anteporre l’idea che ho della realtà, a ciò che la realtà veramente è. Per questa ragione è necessario instaurare un rapporto di fiducia tra l’occhio osservatore e l’occhio disegnatore: senza fiducia tra l’occhio che osserva e l’occhio che disegna, non posso conoscere davvero la concretezza delle cose ma soltanto elaborarne una manifestazione simbolica, anteponendo al mondo delle immagini un bagaglio di simboli e pregiudizi. Tutti noi, nessuno escluso, abbiamo due differenti modi di processare le informazioni, uno verbale e uno visivo e sono queste due controparti ad innescare un conflitto tra vedere e credere. Siamo in grado di sviluppare pensieri complessi in base alla quantità di parole che conosciamo e se da una parte la parola è un dono inestimabile che ci aiuta a definire la realtà, o ad esprimere i nostri pensieri e bisogni, dall'altra ne restringe il significato catalogandone il contenuto in un database di immagini formulate ad hoc che la confezionano e che riemergono spontaneamente, proprio quando si disegna. Ecco perché disegnare è tanto importante per aiutarci a pensare. Nel disegno si abbandona la parola in favore della forma, come strategia necessaria alla comprensione delle cose: allontanandoci dalla definizione serrata della realtà e dalla falsa idea di concretezza che ci dà la sua definizione, possiamo tornare a conoscere con occhi privi di pregiudizio. Mark Twain sosteneva che non possiamo fare affidamento ai nostri occhi, se la nostra immaginazione è fuori fuoco: nel disegno ho bisogno di fidarmi, soprattutto quando erroneamente credo a ciò che ritengo di conoscere della realtà, in sostituzione della realtà stessa. Se disegno qualcosa seguendo ciò che la mia mente conosce di essa perdo di vista ciò che ho davanti, mancando la possibilità di comprenderne le parti, il loro funzionamento e la loro utilità. Perdendo in sostanza, l'essenza di quell'oggetto nel mondo. Se il simbolo funziona come immagine sostitutiva alla realtà che falsamente rappresenta, il suo superamento può farci scoprire una nuova iconoclastia che non disprezza le rappresentazioni o il loro significato ma ne prova continuamente la veridicità, aprendo la porta a una nuova e consapevole percezione di noi stessi nel mondo e del mondo in sé, dove la conoscenza attraverso il disegno, è una delle chiavi di accesso. |
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Post-transition drawings. Benché si possa osservare con una certa sicurezza che ci troviamo di fronte a una serie di paesaggi, non possiamo tuttavia stabilirne i contorni, osservarne i dettagli: queste vedute in liquefazione sfuggono al nostro sguardo vietandoci di essere osservate per ciò che sono realmente. Si tratta, in termini generali, di una rievocazione del reale, dove la realtà tangibile sfugge e non possiamo avere coordinate precise che possano connetterci a ciò che vediamo. L’indagine sul disegno, in questo lavoro si sposta dalla ricerca della realtà alla sua impossibilità di essere trovata: la verità è qualcosa che non riesce ad esistere del tutto perché non si presenta a tutti allo stesso modo. La liquidità contrapposta alla solidità affrontata da Bauman si traduce nell’arte visiva attraverso il disorientamento e la sfida all’osservatore, impossibilitato a cogliere efficacemente il contenuto dell’opera e il panorama diventa implicitamente una metafora descrittiva del futuro: pressoché impossibile da osservare, definire, disegnare. La post-transizione, ciò che resta dopo ogni cambiamento in un continuo mutare senza sosta, ma anche il gaslighting come manipolazione della realtà volta a confondere, rimescolare, amalgamare i dati per volgere i fatti a proprio vantaggio, sono prerogative di una società atrocemente contemporanea che fonda su immagini la costruzione della propria identità (quasi mai in questi impasti pittorici manca uno specchio d’acqua) e che finisce, come Narciso, per restarne sopraffatta suo malgrado: queste opere ambiscono a un’iconoclastia pittorica vista come possibilità di formulare nuovi livelli di realtà.