In the name of Gov
Pelanda Factory, Roma.
"In hoc signo vinces" - Con questo segno vincerai
Dal sogno di Costantino
"In the name of Gov". Di Mattia Picchi.
Per un cittadino occidentale vivente nel ventunesimo secolo risulta piuttosto banale affermare che lo Stato è la forma di organizzazione che si è data una società, una nazione, e che - in linea di massima - lo Stato e il popolo soggetto al suo dominio siano praticamente la stessa cosa. Nella maggior parte della storia umana i confini statuali hanno avuto frontiere che solo occasionalmente ricalcavano fedeli i confini etno-linguistici: banali ostacoli naturali erano più dirimenti nel tracciare confini, che i sentimenti dell’amor patrio. Durante un lungo periodo che arriva fino al secolo scorso, si sono fatte largo due idee: la prima è che lo Stato dovesse contenere una nazione e non altre e che l’ordinamento legale fosse organizzato in forma repubblicana o simil-repubblicana. Questo ha risolto molti problemi per chi si trovava al vertice di tale organizzazione, infatti è molto difficile quello che Weber definiva “il monopolio istituzionalizzato della violenza” senza qualche sorta di giustificazione metafisica. Sin dai tempi dell’Impero Romano, quindi, si sono chiamate in causa la varie divinità della Repubblica prima, e dell’Impero poi; si è teso a divinizzare la fondazione delle città, si è fatto discendere l’Imperatore direttamente da un Dio, o, in seguito, è stato consacrato dalle autorità spirituali dell’epoca come diretta emanazione divina. In epoca più recente l’appello al divino è venuto meno: questo non ha impedito di creare una metafisica dello Stato che si afferma laica, ma che è religiosissima. In Italia si può - a norma di legge - ridicolizzare la religione, ma la libertà di espressione del pensiero è obbligata a fermarsi dove incontra le “alte istituzioni” della Repubblica come il Presidente, o la Bandiera. Bandiera che diventa una nuova icona, un idolo intorno al quale raccogliersi, commuoversi, sentirsi orgoglioso e intorno al quale spargere sangue, se necessario. Ecco quindi che lo Stato/Nazione si riveste di simboli tipici delle religioni senza osare chiamarsi religione: si pensi a quanto simili siano - anche mediaticamente - le elezioni del Presidente della Repubblica e quelle del Papa, con i saggi deputati riuniti in quella che sembra una moderna cattedrale, che decidono secondo i metodi sanciti dal testo sacro – la Costituzione -, di ispirazione semidivina, emanato dall’infallibile assemblea costituente. Cosa succede quando la nostra mente si spoglia di questi simboli sacrali? Vediamo improvvisamente lo Stato come un semplice apparato burocratico volto alla mera perpetuazione di sé stesso. L’opera di Spizzichino è composta da dodici inginocchiatoi - dodici come le stelle della bandiera della UE, come le dodici tribù di Israele, come i Dodici Apostoli – in cui sono ricamate altrettante bandiere acrome. Ci si può inginocchiare come adoranti fedeli di questa religione laica, oppure farlo aiutati dalle bandiere che ci impediscono di comprendere fino in fondo a quale Dio ci stiamo inginocchiando. Con la coscienza che quel gesto di inginocchiarsi, è il piegarsi del suddito.
Un particolare ringraziamento ad Assunta Francesconi e Mario Spizzichino, la cui collaborazione è stata indispensabile per la realizzazione del progetto.
Dal sogno di Costantino
"In the name of Gov". Di Mattia Picchi.
Per un cittadino occidentale vivente nel ventunesimo secolo risulta piuttosto banale affermare che lo Stato è la forma di organizzazione che si è data una società, una nazione, e che - in linea di massima - lo Stato e il popolo soggetto al suo dominio siano praticamente la stessa cosa. Nella maggior parte della storia umana i confini statuali hanno avuto frontiere che solo occasionalmente ricalcavano fedeli i confini etno-linguistici: banali ostacoli naturali erano più dirimenti nel tracciare confini, che i sentimenti dell’amor patrio. Durante un lungo periodo che arriva fino al secolo scorso, si sono fatte largo due idee: la prima è che lo Stato dovesse contenere una nazione e non altre e che l’ordinamento legale fosse organizzato in forma repubblicana o simil-repubblicana. Questo ha risolto molti problemi per chi si trovava al vertice di tale organizzazione, infatti è molto difficile quello che Weber definiva “il monopolio istituzionalizzato della violenza” senza qualche sorta di giustificazione metafisica. Sin dai tempi dell’Impero Romano, quindi, si sono chiamate in causa la varie divinità della Repubblica prima, e dell’Impero poi; si è teso a divinizzare la fondazione delle città, si è fatto discendere l’Imperatore direttamente da un Dio, o, in seguito, è stato consacrato dalle autorità spirituali dell’epoca come diretta emanazione divina. In epoca più recente l’appello al divino è venuto meno: questo non ha impedito di creare una metafisica dello Stato che si afferma laica, ma che è religiosissima. In Italia si può - a norma di legge - ridicolizzare la religione, ma la libertà di espressione del pensiero è obbligata a fermarsi dove incontra le “alte istituzioni” della Repubblica come il Presidente, o la Bandiera. Bandiera che diventa una nuova icona, un idolo intorno al quale raccogliersi, commuoversi, sentirsi orgoglioso e intorno al quale spargere sangue, se necessario. Ecco quindi che lo Stato/Nazione si riveste di simboli tipici delle religioni senza osare chiamarsi religione: si pensi a quanto simili siano - anche mediaticamente - le elezioni del Presidente della Repubblica e quelle del Papa, con i saggi deputati riuniti in quella che sembra una moderna cattedrale, che decidono secondo i metodi sanciti dal testo sacro – la Costituzione -, di ispirazione semidivina, emanato dall’infallibile assemblea costituente. Cosa succede quando la nostra mente si spoglia di questi simboli sacrali? Vediamo improvvisamente lo Stato come un semplice apparato burocratico volto alla mera perpetuazione di sé stesso. L’opera di Spizzichino è composta da dodici inginocchiatoi - dodici come le stelle della bandiera della UE, come le dodici tribù di Israele, come i Dodici Apostoli – in cui sono ricamate altrettante bandiere acrome. Ci si può inginocchiare come adoranti fedeli di questa religione laica, oppure farlo aiutati dalle bandiere che ci impediscono di comprendere fino in fondo a quale Dio ci stiamo inginocchiando. Con la coscienza che quel gesto di inginocchiarsi, è il piegarsi del suddito.
Un particolare ringraziamento ad Assunta Francesconi e Mario Spizzichino, la cui collaborazione è stata indispensabile per la realizzazione del progetto.