la Linea di resurrezione
Nessuno degli scenari che propongo nei miei disegni è realmente esistente, con pietre che si sciolgono e alberi che si nascondono. Mi interessa molto la sospensione tra ciò che una cosa sembra e ciò che realmente è e i materiali con cui lavoro sono perlopiù direttamente ricavati nei campi e nei boschi che hanno preso fuoco, nel tentativo di ricostruire la distruzione con quello che resta. Rami bruciati, carboni, crete, terre, cera e fusaggini sono i materiali che preferisco perché tutti insieme si sviluppano sul foglio in modo disomogeneo e mi offrono la possibilità di commettere errori, al punto da far diventare l’errore accettabile come parte del processo creativo. Non avere un’idea precisa di come sarà il lavoro mi consente di ampliarne le possibilità di sviluppo trovando gli elementi che funzionano senza dovermi ostinare a cercarli. Mi affascinano la tautologia di un albero che ridisegna se stesso dopo la combustione e i resti che, trovati dopo un incendio, conservano il potere evocativo dei relitti.
La natura è un contesto dove tutto è trasformato in economia di risorse e non esiste una distruzione talmente nefasta da non poter essere considerata piuttosto un’alterazione di sei elementi di base attorno ai quali ruota la materia organica. Abbiamo davvero bisogno di guardare a possibilità infinite per sentirci costruttivi? E’ un’inestimabile opportunità quella di osservare la creatività della natura quando prepara la materia ad essere altro, per stimolare un processo chimico/fisico che dà vita a forme nuove. E’ un progetto che, nella sua interezza, sento diviso tra il desiderio innato seppur irrealizzabile dell’eternità e la simultanea necessità dell’impermanenza, indispensabile alla fisiologica evoluzione del divenire nel mondo. Nelle piccole forme bianche restituisco una solidità fisica portando gli elementi fuori dal foglio: sono forme frangibili che possono cadere alla minima vibrazione. Ognuna simile e nessuna uguale all’altra, le ho concepite interrogandomi sulla necessità di riconoscere ciò che ci è familiare nelle cose, orientandomi più che a una semplice imitazione o rappresentazione della natura, a qualcosa di illusorio che ne rievocasse le proprietà in corrispondenza con l’uomo. Possiamo forse considerarlo, nella più pessimistica interpretazione, un ossario dove ad essere conservate con la sacralità della reliquia sono caratteristiche indispensabili come fragilità, resilienza ed equilibrio. |