The quiet place
Essere Io non ha misura. Pelanda Factory, Roma.
Come in un cerimoniale, il gesto quotidiano legato alla cura si sè viene decontestualizzato per svilupparsi all’interno di confini definiti, quelli della relazione: tu proietti su di me un’immagine interna dell’altro che è dannosa per te stesso e che non vuoi riconoscere, io divento quello che tu pensi che io sia. Il maquillage, strumento di affabulazione ma anche simbolo di attenzione verso la propria persona, è visto come espediente narrativo per circoscrivere la tematica del cambiamento di se stessi in funzione dell’Altro. L’identificazione proiettiva è uno dei molti meccanismi di difesa descritti dalla psicoanalisi e viene presentato metaforicamente in questo video: sentimenti e caratteristiche proprie e aspettative negative sulla relazione vengono proiettati sull’Altro in virtù della necessità di proteggere la propria psiche. The quiet place è un racconto muto e metaforico di quel luogo tranquillo che è il nostro essere quando ci protegge, raccontando ciò che avviene all’interno della relazione interpersonale vista come incontro-scontro intimo di due diverse personalità. Assistiamo dunque a ciò che avviene quando, in uno dei due individui, l’immagine di sé incontra come in uno specchio le necessità di un altro. La relazione assume quindi il significato di una proiezione di aspettative come deliberata costruzione di noi stessi da parte dell’altro e, al contempo, di un rispondere col definirci nella relazione sulla base di essa. Con il gentile contributo della Dottoressa Valentina M.V. Desiderio, psicologa.
Essere Io non ha misura
Inaugurazione giovedì 23 maggio ore 19:00
a cura di Daniela Cotimbo, Sara Fico, Laura Loi, Giulia Zamperini
Giovedì, 23 maggio 2013, presso FACTORY – SPAZIO GIOVANI ROMA CAPITALE (Ex Mattatoio di Testaccio) si inaugura un nuovo appuntamento dal titolo “Ho qualcosa da dire…e da fare”.
All’interno di tale iniziativa si presenta il progetto espositivo Essere io non ha misura, a cura di Daniela Cotimbo, Sara Fico, Laura Loie Giulia Zamperini.
La mostra nasce con l’intento di riflettere sulla necessità costante in qualsiasi esperienza esistenziale di rapportarsi alle cose del mondo pur vivendo nella consapevolezza della propria transitorietà.
L’uomo fin dai primordi si interroga sulle intime relazioni che intercorrono tra sé e ciò che lo circonda; tale rapporto, si manifesta in tutta la sua problematicità, e in molteplici sfaccettature di senso. Ciò che appare costante è la ricerca di un rapporto osmotico con l’altro, qualcosa attraverso cui riconoscere i propri presupposti identitari.
Partendo da questa analisi si è deciso di coinvolgere otto giovani personalità rappresentative nel panorama artistico contemporaneo, che fossero in grado di analizzare il delicato tema da più angolazioni, grazie alle differenti peculiarità di ognuno: installazioni, disegni, video e performance, mettono in luce un quadro di ricerca del tutto poliedrico.
L’analisi del legame tra uomo e natura è presente nei lavori di Ignazio Mortellaro, che attribuisce alle ‘tracce’ un valore fondamentale per connotare il proprio passaggio, e in quello di Josè Angelino, il quale interviene sulla natura dei fenomeni evidenziandone un percorso non precostituito. Analogamente legato alla scienza è il lavoro di Nicole Voltan che, studiando le costellazioni e le leggi del cosmo, compie delle riflessioni sul superamento dei limiti prestabiliti attraverso molteplici letture dell’universo.
Cristina Falasca Franz Rosati e Mauro Vitturini mettono maggiormente in gioco la rilevanza sensitiva (visiva e sonora) nell’accesso alla comprensione, con l’aiuto di raccordi linguistici, filosofici o semantici che trovano risposta nel dialogo con altri esseri umani. Edoardo Aruta analizza, nella sua opera, esperienze di vita quotidiana ponendo in evidenza il legame tra persone e “oggetti”.
Per finire, sfociando in una dimensione socio-culturale, Sara Spizzichino si sofferma sulla peculiarità dell’uomo nel non sapersi scindere dal confronto umano, alternando il suo intervento tra un approccio di colore più intimistico e quello di natura pubblico/sociale, come nel caso dei sistemi di rapporti preconfezionati.
Inaugurazione giovedì 23 maggio ore 19:00
a cura di Daniela Cotimbo, Sara Fico, Laura Loi, Giulia Zamperini
Giovedì, 23 maggio 2013, presso FACTORY – SPAZIO GIOVANI ROMA CAPITALE (Ex Mattatoio di Testaccio) si inaugura un nuovo appuntamento dal titolo “Ho qualcosa da dire…e da fare”.
All’interno di tale iniziativa si presenta il progetto espositivo Essere io non ha misura, a cura di Daniela Cotimbo, Sara Fico, Laura Loie Giulia Zamperini.
La mostra nasce con l’intento di riflettere sulla necessità costante in qualsiasi esperienza esistenziale di rapportarsi alle cose del mondo pur vivendo nella consapevolezza della propria transitorietà.
L’uomo fin dai primordi si interroga sulle intime relazioni che intercorrono tra sé e ciò che lo circonda; tale rapporto, si manifesta in tutta la sua problematicità, e in molteplici sfaccettature di senso. Ciò che appare costante è la ricerca di un rapporto osmotico con l’altro, qualcosa attraverso cui riconoscere i propri presupposti identitari.
Partendo da questa analisi si è deciso di coinvolgere otto giovani personalità rappresentative nel panorama artistico contemporaneo, che fossero in grado di analizzare il delicato tema da più angolazioni, grazie alle differenti peculiarità di ognuno: installazioni, disegni, video e performance, mettono in luce un quadro di ricerca del tutto poliedrico.
L’analisi del legame tra uomo e natura è presente nei lavori di Ignazio Mortellaro, che attribuisce alle ‘tracce’ un valore fondamentale per connotare il proprio passaggio, e in quello di Josè Angelino, il quale interviene sulla natura dei fenomeni evidenziandone un percorso non precostituito. Analogamente legato alla scienza è il lavoro di Nicole Voltan che, studiando le costellazioni e le leggi del cosmo, compie delle riflessioni sul superamento dei limiti prestabiliti attraverso molteplici letture dell’universo.
Cristina Falasca Franz Rosati e Mauro Vitturini mettono maggiormente in gioco la rilevanza sensitiva (visiva e sonora) nell’accesso alla comprensione, con l’aiuto di raccordi linguistici, filosofici o semantici che trovano risposta nel dialogo con altri esseri umani. Edoardo Aruta analizza, nella sua opera, esperienze di vita quotidiana ponendo in evidenza il legame tra persone e “oggetti”.
Per finire, sfociando in una dimensione socio-culturale, Sara Spizzichino si sofferma sulla peculiarità dell’uomo nel non sapersi scindere dal confronto umano, alternando il suo intervento tra un approccio di colore più intimistico e quello di natura pubblico/sociale, come nel caso dei sistemi di rapporti preconfezionati.